Si può essere “ubriachi di lavoro”? Secondo gli studiosi la risposta è sì, e la metafora usata per introdurre l’argomento non è stata scelta a caso. Si definisce “workaholism” (dall’unione delle due parole Work e Alchoolism) la dipendenza da lavoro, ossia il compulsivo coinvolgimento nelle attività lavorative. L’evolversi dei tempi, la rincorsa al guadagno, la facile reperibilità di qualsiasi informazione a seguito dell’innovazione tecnologica sono solo alcuni dei fattori che hanno ampliato nel corso degli anni il ventaglio delle “dipendenze comportamentali” o “new addictions”, inserite nel DSM-5 (APA, 2013) nel capitolo dedicato ai “Disturbi correlati a sostanze”. Non è un caso neanche questa associazione tra Dipendenza comportamentale e Dipendenza da sostanze. Cambia l’oggetto della dipendenza, ma non il carattere patologico nè tanto più il meccanismo di formazione e mantenimento della dipendenza stessa, come confermato anche da studi neurobiologici, inerenti le zone cerebrali coinvolte (reward system o sistema della gratificazione). La dipendenza da lavoro rientra quindi in questa categoria di disturbi clinicamente riconosciuti e può essere identificata, come sostenuto dagli studiosi (Griffiths, 2005) sulla base di 6 caratteristiche principali:
La persona dipendente da lavoro presenta tratti di personalità tendenti all’ossessività, alla compulsività, al perfezionismo e molto spesso alla base del disturbo c’è una disregolazione emotiva, ossia una modalità disfunzionale di riconoscimento e regolazione di stati emotivi sgradevoli (tristezza, rabbia, vergogna, noia), oltre che modelli di apprendimento familiare incentrati sul raggiungimento del successo e di alti standard professionali.
Tutti questi elementi determinano la natura multifattoriale del disturbo e la necessità di un percorso di trattamento psicoterapeutico che veda coinvolto non solo l’individuo stesso ma anche i suoi familiari, al fine di consapevolizzare il paziente rispetto al proprio “funzionamento personale”, indagando il senso ed i significati dallo stesso attribuiti all’attività lavorativa e contestualmente ridiscutere le priorità di valore delle proprie attività, per favorire una più funzionale gestione del proprio tempo.
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